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Decalogo digitale per non rimanere al palo, una ricerca CA Technologies

Fatturato cresciuto del doppio e aumento degli utili due volte e mezzo superiore rispetto agli approcci tradizionali. Questi, in estrema sintesi, i vantaggi delle aziende italiane che hanno accolto la sfida della digital disruption. “La trasformazione digitale di tutti i processi, accompagnata dal software, è il volano per incrementare il business” – secondo la recente ricerca Exploiting the Software Advantage: lessons from Digital Disrupters, condotta da Freeform Dynamics e promossa da CA Technologies, che ha sviluppato anche il decalogo dei Digital Disruptives.

I ricercatori hanno interpellato 1442 responsabili IT e dirigenti d’azienda nel mondo, hanno indagato su nove settori merceologici e hanno ricavato un “Indice di efficienza digitale” attraverso le risposte relative all’impatto sulla trasformazione dei processi IT, sulla competitività e sugli indicatori di performance. In base a questo indice è stato possibile individuare le aziende Digital Disrupter, quelle che hanno ottenuto “importanti risultati grazie agli investimenti digitali, soprattutto attraverso il software, con un approccio discontinuo rispetto alle normali procedure di business”.

Per quanto riguarda il campione italiano, oltre la metà delle aziende dichiara di aver intrapreso un processo di trasformazione digitale con un programma strategico coordinato, ma il passaggio dalla strategia all’azione non è così lineare: l’88% delle aziende italiane ha avviato lo sviluppo digitale di prodotti e servizi e ottenuto ottimi risultati, grazie alle iniziative digitali, nell’efficacia della forza lavoro (81%), inoltre le stesse dichiarano di aver integrato meglio l’azione con i partner 80%; ma c’è solo il 15% dei casi intervistati che ritiene le applicazioni e i servizi Web siano determinanti nello sviluppo del mercato e il 20% considera la tecnologia essenziale per ingaggiare i clienti.

Quindi i dati, ricondotti all’indice indicano che solo il 4% del campione italiano, rispetto alla media mondiale del 14% possono dirsi Digital Disrupter. Se l’Italia sta adeguandosi al modello europeo, ad esempio nell’adozione di app mobile e nella gestione delle API per coinvolgere clienti e partner, non riesce a sfruttare le potenzialità offerte da IoT, Wearable e Social media. Ancora più grave il distacco tra le aziende europee Digital Disrupter che stanziano il 36% del budget IT in progetti digitali e prevedono di arrivare al 48%, rispetto a quelle italiane che dedicano il 26% del budget agli stessi obiettivi, con una previsione limitata al 39% per i prossimi anni.

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La ricerca offre un decalogo delle aziende Digital Disruptive, dieci tratti comuni da ricordare e approfondire:

  1. Tutte le realtà digital disruptive evidenziano il ruolo chiave del software e delle app.
  2. Focus su nuovi modi di sviluppare il software e di rilasciarlo per massimizzare time to market.
  3. Al centro l’Api economy per esportare e scambiare dati all’interno dell’azienda come all’esterno, per massimizzare efficienza interna ed esterna.
  4. Le Api per ingaggiare il proprio ecosistema (partner e clienti).
  5. L’approccio Smart è fondamentale nell’ottica di allocare gli investimenti focalizzati ad ottenere ROI effettivi.
  6. Capacità di enfatizzare i canali digitali per esaltare l’esperienza dei clienti.
  7. Sperimentare è vitale. Il fallimento è produttivo, così come la resilienza, la capacità di rimodellare la propria strategia proprio a partire dalla valutazione degli errori.
  8. La Digital transformation ha come obiettivo lo sviluppo del business. Non è fine a se stessa.
  9. Serve un approccio collaborativo e coerente negli obiettivi tra i dipartimenti: significa saper sfruttare a proprio vantaggio micro tool e micro team, con rilascio di nuovi servizi nel giro di 6-8 settimane, non più di semestri o anni.
  10. I disruptive si misurano nella capacità di delivering delle risorse finanziarie funzionali alla digital transformation.

Digital-Disrupters

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